Di entrare dentro un mondo che mi parla delle passioni, delle lotte, delle vittorie e delle sconfitte, attraverso la musica, il canto, espressioni a me vicine nel raccontare i percorsi contorti dell’animo umano. Ma poi mi ritrovo sempre dentro un mondo pieno di lustrini, - continua - di gente ‘perbene’ impacchettata, di cantanti dalla voce ben impostata ma spesso con corpi come statue di cera, con i musicisti, il coro, i mimi, le comparse, le scenografie usati come elementi di un grande supermercato dove molte cose mi sembrano inutili e senza valore. Perdendo in questo calderone il valore poetico che può avere il semplice gesto di un musicista che tende un archetto e i tanti semplici gesti di ognuno che sta su quell’affollato palcoscenico.
In questi anni ho cercato di lavorare con i musicisti della mia compagnia, proprio per cercare non solo nella qualità della musica ma anche nella coscienza del corpo una loro presenza più totale, che faccia di loro non solo degli sconosciuti che emettono musica ma degli attori che attraverso quella musica parlano.
Ricordo un seminario che ho diretto alcuni anni fa a Parigi, rivolto a giovani cantanti d’opera. Il lavoro ricercava nella loro presenza fisica, nei loro volti, nei loro sguardi, colori diversi, contraddittori, nuovi. Era stato sorprendente scoprire come dopo quel lavoro quelle loro stesse arie mi parlavano di altro. E come spesso nello contrapposizione tra capacità, virtuosismo vocale e fragilità, emergessero contraddizioni affascinanti che mi portavano verso una verità.
Credo che questo progetto di lavoro con il Teatro Sperimentale di Spoleto faccia parte di un desiderio di continuare questa indagine. Un universo che se da una parte mi è lontano (per struttura, per rigidità, per composizione), da un’altra, proprio per la relazione che ho sempre creato nei miei spettacoli con una drammaturgia musicale, mi è particolarmente vicino”.
“Il punto di partenza – sostiene ancora - è un’opera scritta da Giovanni Mancuso. Un omaggio a Frank Zappa, il grande compositore contemporaneo. Proprio Zappa i cui concerti ho inseguito per molti anni in moto in tutta l’Europa. E anche qui, come nel surreale, iconoclasta, dissacrante universo zappiano, ho ritrovato una necessità, una esplosione di libertà musicale. Contro un mondo kafkiano animato da figure di benpensanti, di giudici, detentori della legge, detentori di quelle regole morali così presenti nel mondo americano messo a nudo da Zappa. L’America degli anni 70 con i suoi fantasmi accusatori, che riemergono ancora oggi fortemente. E ricordando quello che diceva Antonin Artaud, “non potrei mai fare un’ opera che non si contamini con la mia vita, non ne sarei capace”, la scommessa sarà come entrare in questo universo di musica già composta su un libretto scritto, portando dentro una esperienza personale e quindi forse in parte stravolgendo quella musica e quel libretto.
Per ritrovarmi poi, inevitabilmente, non nella messa in scena di un’opera scritta, ma in un atto creativo che alla fine mi corrisponda in tutte le sue componenti registiche, musicali, e drammaturgiche. Del resto la proposta appassionata viene da un Ente che si chiama Teatro Sperimentale – conclude Delbono”.