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UNA FORTE STORIA SULLA MALATTIA MENTALE CON UNA RITROVATA MARINA MASSIRONI
GENERE: Drammatico
Ci sono certi titoli che nascono sotto un destino sfortunato e il caso di Pulce non c’è potrebbe essere uno di questi. Infatti a chi, almeno nel suolo italiano, potrebbe interessare un titolo su una ragazzina cerebrolesa che accusa il padre di averla abusata? Al giorno d’oggi il pubblico italiano non sembra predisposto a pagare il biglietto per vedere storie del genere e ciò è un peccato, perché non ci sono solo (mediocri) commedie nel nostro cinema.
Questa volta ci troviamo di fronte ad uno dei drammi più efficaci che il cinema nostrano ci abbia offerto negli ultimi mesi e segna l’esordio di un nome da tenere d’occhio tra i cineasti esordienti italiani, Giuseppe Bonito, da non confondere con l’omonimo pittore settecentesco. La pellicola ispirata al romanzo di Gaia Rayneri tratta l’argomento della malattia mentale in modo sentito ed efficace, senza mai puntare nel melodramma e anche la situazione ambigua delle accuse al padre è vissuta in modo diverso da ciò che siamo abituati a vedere: il personaggio in questione, interpretato da un ottimo Pippo Del Bono (visto pure nell’ultimo Greenaway), non è assolutamente visto come un mostro, la moglie e l’altra figlia decidono al contrario di stargli vicino per cercare di capire chi sia veramente quella persona, se un mostro come veramente dicono gli altri oppure no. Strepitosa nella parte risulta anche Marina Massironi che sorprenderà chi è abituato a vederla in ruoli esclusivamente comici: probabilmente la stessa parte un’attrice come Margherita Buy l’avrebbe resa con mossette macchiettistiche e occhi perennemente lucidi, ma la Massironi riesce a darle lo spessore che merita.
Sinceramente, Pulce che non c’è è un film che sa come far sentire a disagio lo spettatore e la scelta di musiche d’ambiente in stile Mogwai è a dir poco più efficace delle solite musiche da melò di pomeriggio su rete4 che ascoltiamo spesso nei cosiddetti ‘drammi’ italiani.
Si tratta di una storia forte e potente dunque, resa originale da una regia capace di utilizzare la messa a fuoco in maniera diversa, sempre ai fini della narrazione, offrendo delle soluzioni estetiche notevoli per un’opera prima. Di sicuro l’opera contiene i classici difetti di un esordio, ma francamente vista la solidità dell’opera si tratta di piccolezze per un titolo che meriterebbe una vasta visibilità da parte di critica e pubblico alla sua uscita in sala.
(14 novembre 2012)
Francesca Di Benedetto nel film
Cinque minuti di standing ovation dai liceali per un giovane regista (Giuseppe Bonito) e una giovane scrittrice (la 26enne Gaia Rayneri). Il cinema italiano al Roma Film Fest non fa parlare di sé solo per i nudi di donna. Il film Pulce non c’è, in concorso per la rassegna «Alice nella città», racconta la storia vera della scrittrice Gaia Rayneri, sorella maggiore di una bambina autistica.
Il film, che unisce i toni della tragicommedia a una grande intensità, è tratto dall’omonimo romanzo di Gaia Rayneri (Einaudi), che ha raccontato nel libro la vera storia di sua sorella autistica, portata via alla famiglia e messa in una casa famiglia per un breve periodo, a nove anni, per l’accusa contro il padre di aver abusato delle figlie. Un sospetto nato da un fraintendimento di un’insegnante nel comunicare con Margherita (Ludovica Falda). Per la piccola Pulce, che non sopporta cambiamenti nel suo quotidiano (tra i suoi «riti», l’ascolto di un cd di tango, mangiare pecorino, bere succo di tamarindo e avere con sé un panda di peluche), la nuova situazione è uno shock tanto quanto per i genitori (Pippo Delbono e Marina Massironi) e la sorella Giovanna (Francesca Di Benedetto).
«Avevo 15 anni - racconta Gaia Rayneri - e tutta la vicenda durò un anno. Il dubbio su mio padre mi sfiorò solo per un attimo. Poi riuscimmo con fatica e con l’umiliazione di una doppia visita ginecologica a riabbracciare la “nostra” Pulce, una bambina amatissima».
La storia è toccante e il film la racconta magistralmente. Torino è quasi sempre grigia e piovosa. Il momento più alto è quando il padre, interrogato dagli psicologi, afferma: «Come mi sento? Sono incazzato. In otto di anni di vita di mia figlia, l’unico svago è stato quello di andare a fare la spesa».
Oggi in programma per Alice nella città, evento parallelo e indipendente del Festival internazionale di Roma, c’è il drammatico Pulce non c’è, opera prima di Giuseppe Bonito interpretata da Pippo Delbono, Marina Massironi, Piera Degli Esposti e Francesca Di Benedetto.
Il cast del film include anche Ludovica Falda, Anna Ferruzzo, Giorgio Colangeli, Rosanna Gentili, Alberto Gimignani ed Elisa Catale.
Pulce ha nove anni, due occhioni accesi e ascolta solo il tango: non parla perché è autistica, ma questo non significa che non abbia niente da dire. Un giorno come tanti, viene portata via dalla sua famiglia senza troppe spiegazioni perché su suo padre grava un’accusa mostruosa. Attraverso lo sguardo divagante e trasognato della sorella Giovanna entriamo nella quotidianità di una famiglia anormale, con il suo lessico pensato per chi può solo parlare per immagini, il suo caos pieno di emergenza e amore. E senza retorica e senza patetismi esploriamo lo scontro tra mondo adulto e infanzia, tra malattia e normalità, tra rigidità delle istituzioni e legami affettivi.
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