ࡱ> @B?'`+bjbjLULU.8.?.?#fffffffz     z> $(h>f ff 999 f f 9 99ff9 2 r 909990fi$ 9 /  zzz~zzz~zzzffffff  HYPERLINK "http://art-o.net/2008/?cat=23" \o "Visualizza tutti gli articoli in Focus on"   HYPERLINK "http://art-o.net/2008/?p=1843" \o "Permanent Link to Paesaggio dopo la battaglia. La speranza proiettata allinfinito di Pippo Delbono" Paesaggio dopo la battaglia. La speranza proiettata allinfinito di Pippo Delbono Art N 30 HYPERLINK "http://art-o.net/2008/wp-content/uploads/2011/07/cover-per-web-arto.jpg" \o "cover-per-web-arto.jpg"  INCLUDEPICTURE "http://art-o.net/2008/wp-content/uploads/2011/07/cover-per-web-arto.jpg" \* MERGEFORMATINET agosto 2011 Alla base del faro non c luce. (di Gianni Manzella) Uno spettacolo parlato. Un bisogno di parole, di prendere la parola percorre a folate Dopo la battaglia. Le parole per dire lo spirito dei tempi e un disagio personale che dellartista ma si trasmette allo spettatore. A lungo lo spettacolo sembra non voler cominciare. Bisbiglii, voci fuori campo, rumori di pesanti porte che sbattono. Gli attori appaiono immobili sul fondo, raccolti in posa davanti a una fila di poltroncine rosse, simulacro del teatro negato. Abiti rossi e neri, borghesi e prelatizi. Come un Balcon genettiano, o in un film di Buuel, per calato dentro la cornice delle Meninas di Velazquez. La voce dellartefice giunge dalla platea. Da l urla la sua rabbia. Racconta di un naufragio, di uno spettacolo che non si potuto fare. Di cui questo, a cui assistiamo, rappresenta quasi il detrito. Quel che resta al ritrarsi della marea. La musica verdiana del Macbeth. Il piccolo Bob che attraversa la scena appoggiandosi a un bastone, sublime simbolo e paradigma del teatro di Pippo Delbono. Una ballerina precipitata qui da chiss quale universo parallelo, col viatico del suo inevitabile ?ajkovskij. Due figure immobili e distanti nel vuoto grigiore della scena, dicono di un guardiano seduto davanti alla porta della legge e di un uomo che per una vita intera attende l di fronte di poterla varcarla, senza sapere che quella porta era l solo per lui. Lo spazio una vasta sala dalle alte pareti grigie, priva di finestre, potrebbe ricordare lo stanzone severo di Kontakthof, il luogo di contatti di uno dei lavori pi amati di Pina Bausch. E non si fa invano il nome della coreografa di Wupertal. Del resto anche qui questione di ballo, anzi proprio di balletto nellaccezione pi classica, c anche una toile dellOpra di Parigi, naufraga lei pure su questultima spiaggia. Ma tutto sembra pi tetro, e immobile. Una zona dombra. L dentro, la luce non entra che dalle porte, quando a momenti vi si aprono verso lesterno. Porte blindate dotate di uno spioncino, che richiamano lidea di uno spazio reclusorio e non sapremmo dire se stiamo di qua o di l da quella fisica barriera, che forse non separa ma pareggia il di l e il di qua. E infatti la memoria dellistituzione totale ritorna, a folate ancora, nelle parole come nelle immagini filmate che si proiettano sempre pi di frequente sul fondale, come a cercare di aprirlo sul mondo. Immagini di reclusi. La voce poetica che sublima lesperienza manicomiale di Alda Merini. Lamara profezia di Pasolini. Lutopia rivoluzionaria che si riflette, ormai lontana, nella voce di uno dei capi storici di una lotta armata che insanguin anni altrettanto lontani.  HYPERLINK "http://art-o.net/2008/wp-content/uploads/2011/07/dsc_2450.JPG" \o "dsc_2450.JPG"  INCLUDEPICTURE "http://art-o.net/2008/wp-content/uploads/2011/07/dsc_2450.JPG" \* MERGEFORMATINET Paesaggio dopo la battaglia, diceva un titolo di Wajda. Quasi impossibile non ricordarlo. Ed quellambiguo dopo che sconcerta, nellincertezza se lo sguardo debba correre al paesaggio di morte e rovine lasciato dalla conclusa battaglia o se la mente debba aprirsi al ricominciare che c dopo ogni fine, soprattutto se sanguinosa. Domani nella battaglia pensa a me, ammonivano i fantasmi di Riccardo III. Ma la battaglia sempre vinta e persa, non c scampo. Che si parli del paese nostro, non ci sono dubbi. Ahi serva Italia, di dolore ostello dice Delbono con le parole di Dante. Mentre il sommesso Va, pensiero verdiano ricorda altri asservimenti, altri aneliti di libert, nellevocazione di una patria s bella e perduta. Ma lartefice gioca a mescolare le carte, come sempre. Il pubblico si intreccia con il privatissimo, come la danza classica di Marie-Agns Gillot, ?toile dellOpra di Parigi, incrocia (senza negarla) la diversa tradizione incarnata da Marigia Maggipinto, che viene dalla compagnia di Pina Bausch. Cos non stupisce lapparire, fra altre, di unimmagine domestica della madre dellartista, con la sua lingua ligure cos ferocemente materna. Quanto La menzogna, la precedente creazione, era esplicitamente dedicata a mio padre, in un letterale denudamento in cui si consumava la volont dellartista di misurarsi con i propri fantasmi, con la propria vergogna altrettanto chiaramente Dopo la battaglia dedicato alle madri. E se l, dalla crudezza dello smascheramento emergeva la consapevolezza di una pi profonda pietas, qui il sentimento pi velato e allo stesso tempo pi libero di esprimersi in gesti. Un mazzo di rose rosse danza fra le braccia di uninterprete, poi resta deposto in proscenio. lomaggio silenzioso dellartista alla signora di Wuppertal, maestra e madre della sua idea di teatro. Danza, danza, altrimenti siamo perduti. O altrimenti: non piangere, canta. (Pippo Delbono non pu forse sapere che una grandissima attrice, Nria Espert, con lo stesso gesto silenzioso aveva salutato in scena Victor Garcia, sono passati pochi anni e anche i nomi sbiadiscono, quelli del teatro sembrano scritti sulla sabbia). Naufragium feci, bene navigavi.  HYPERLINK "http://art-o.net/2008/wp-content/uploads/2011/07/dsc_2069.JPG" \o "dsc_2069.JPG"  INCLUDEPICTURE "http://art-o.net/2008/wp-content/uploads/2011/07/dsc_2069.JPG" \* MERGEFORMATINET E il teatro? C ma come se Delbono volesse negarlo, a lungo. Si allarga nelle crepe dello spettacolo, come il folgorante siparietto imbastito da Nelson, lamericano di Napoli dal corpo emaciato, che si moltiplica per tre nellimmagine proiettata sul fondale mentre danza il suo sogno di essere Fred Astaire, con cilindro e bastone, per sulla musica contagiosa di Fiorenzo Carpi per il Pinocchio di Comencini. Esplode in improvvisi guizzi, immagini derisorie come lo sberleffo allimparruccata sindaca di paese che discetta di poesia o dolcemente crudeli come il balletto meccanico di tre figurine clownesche manovrate da inservienti in camice bianco. Prende campo e si distende nei momenti di maggiore concentrazione emotiva. la danza uscita dalle tenebre di un corpo tremante, illividito da un colore di terra, capace di ricordare lEva di Masaccio cacciata dal paradiso, altra figura materna dopo tutto. O il gesto zen che Gianluca traccia nellaria, come un tenero Buddha. E ancora Bob che attraversa la scena con una delle sue amate bandiere, ma questa volta quella nazionale, in mezzo a un moltiplicarsi di travestimenti. E come altre volte ci troviamo ricondotti nel mezzo delle immagini sempre un po surreali che si affollano nel mondo onirico di Delbono, dove dolce naufragare. La sarabanda grottesca delle figurette che sembrano conoscere solo quei due colori, il rosso e il nero, moltiplicati su parrucche sciarpe cappelli scarpette fiori su capelli. O la lotta delle signore in rosso per conquistare la scena. E allora anche ltoile pu liberare la sua danza, il suo canto del cigno in tut e sulle punte. E si moltiplicano le incursioni del violino di Alexander Balanescu, artista che ha fatto della contaminazione di stili e geografie un accattivante virtuosismo. E la voce dolce e triste di Maria Salgado col suo Adio querido lascia il posto a Henry Salvador che accompagna tutte le ragazze dello spettacolo a stringersi attorno a Bob, dans mon jardin dhiver, dopo aver conquistato un abito candido. Perch lui questa volta, luomo senza et vissuto per quasi mezzo secolo in manicomio, lui con la sua sordit e libert, lui con la sua maestria sorgiva e inconsapevole, il destinatario della dedica finale. A questo piccolo grande uomo che mi ha ridato la vita, dice Pippo Delbono. E chi conosce la biografia dellartista ligure sa che non un modo di dire. Limportante imparare a sperare, insegnavano i maestri. Di una speranza proiettata allinfinito parla Dopo la battaglia. A cui si pu dare il nome di fede, come succede qui. E nella parola, nel reciproco impegno che sottintende, pu ritrovarsi lo spirito laico come il buddhista che laccoglie con un gesto di riconoscimento. C in questo affetto espansivo una spinta che va contro la passivit, contro la rinuncia a prendere posizione. Certe cose si possono dire con le parole, altre con i movimenti qui ancora Pina Bausch che insegna. Ma ci sono anche momenti in cui si resta senza parole, confusi e perduti. A questo punto comincia la danza, che vuol dire trovare un linguaggio per quello che non si pu immediatamente tradurre in parole. Che altro pu fare il teatro? La battaglia finita. E dello spettacolo che non si potuto fare, chi si ricorda pi. []^_E F G S T 4 7 8 C D d g { Q[67ӴӝȌ}}}}}}j}j%jh*LhW "CJOJQJUaJh*LhW "CJOJQJaJ h*LhW "0JCJOJQJaJhCJ,aJ,hhW "B*CJ,aJ,ph&jhhW "B*CJ,UaJ,phhhW "CJ,aJ,jhhW "CJ,UaJ,hhCJ,aJ, hW "0JhW "jhW "U#^G D e g 9!AC!!!! %h(+++ [$\$gdW "$[$\$a$gdW "$[$\$a$gdW "gdgdW "gdW "+78@K/@!@CD   !!@&L&&&'g(誛r誛fS%h*LhW "B*CJOJQJaJph999h*LCJOJQJaJ.jh*LhW "B*CJOJQJUaJph h*LhW "0JCJOJQJaJh*LhW "CJOJQJaJ%jh*LhW "CJOJQJUaJ.j"h*LhW "B*CJOJQJUaJph%h*LhW "B*CJOJQJaJph.jh*LhW "B*CJOJQJUaJph g())+++h*LhW "CJ)h*LhW "B*CJOJQJ^JaJph999 h*LhW "0JCJOJQJaJh*LhW "CJOJQJaJ++,1h. 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